L'INFEDELE

Stefania Atzori

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    INTERVISTA A STEFANIA ATZORI, AUTRICE DEL LIBRO "L'INFEDELE"


    «Ho sposato un egiziano, uno di quelli che oggi sono definiti “moderati”. Nel senso che quando viveva in Italia, dove l’ho conosciuto, era molto occidentalizzato e si comportava come qualsiasi altro ragazzo della sua età».
    Comincia così il racconto di Stefania Atzori, la donna che tra il 1999 e il 2000 trascorse molti mesi, con le figlie Erica e Marta, nell’Ambasciata italiana a Kuwait City per sfuggire alle minacce dell’ex marito, un avvocato egiziano che non accettava che dopo il divorzio le bambine fossero affidate alla madre. Stefania Atzori ha raccolto quella storia drammatica in un libro dal titolo L’infedele. La storia vera di una donna italiana nel cuore dell’Islam, ed. Superbur.
    In questa sofferta autobiografia, la Atzori ripercorre quella storia. La sua storia. Quella di una donna italiana che a 18 anni sposa un arabo, va a vivere in un paese arabo e si scontra con i pregiudizi e le discriminazioni verso le donne arabe e, ancora peggio, occidentali.
    Signora Atzori, com’è cominciata questa storia drammatica?
    «Dopo il matrimonio, alla fine degli Anni’80 mi sono trasferita in Kuwait, dove ho vissuto per 15 anni. Immediatamente dopo il nostro arrivo, mio marito cominciò ad aggrapparsi sempre più ai precetti religiosi islamici».
    Quando lo ha conosciuto, in Italia, lui era già così religioso?
    «Era completamente diverso. Sembrava un occidentale, non andava neanche a pregare».
    Quando ha capito che la sua vita stava cambiando?
    «Appena arrivati in Kuwait, era la fine del 1986, il mio ex marito ha cominciato a dirmi che determinanti comportamenti non potevo più permettermeli, come moglie di un islamico».
    Cosa non doveva fare?
    «Non potevo rispondere al telefono perché dall’altra parte dell’apparecchio avrebbe potuto esserci un uomo. Non dovevo indossare gonne corte o indumenti scollati».
    Le ha anche chiesto di indossare il velo?
    «No. All’inizio mi disse che non ce n’era bisogno».
    Ma in seguito, glielo chiese?
    «Sì. Era un’arma che usava come ricatto. Un marito islamico può pretendere che la moglie indossi il velo, altrimenti può ripudiarla».
    Nel libro racconta che sua suocera le diceva che le donne hanno il cervello piccolo come quello di un bambino. E che per questo non sono in grado di badare a loro stesse e devono dipendere dal marito che le tutela e dispone di loro.
    «È proprio così. Mia suocera diceva che quella era la sorte di tutte le donne islamiche. E che bisognava sopportare. Più sarei riuscita a sopportare e più Allah sarebbe stato con me».
    Nel 1987 nasce la sua prima figlia, che nel libro viene chiamata Erica. E a quel punto cosa succede?
    «È cominciata la vita da reclusa. Non potevo parlare con nessuno, quando camminavo dovevo guardare per terra».
    Ma poteva uscire, andare a far la spesa, fare una passeggiata?
    «No, assolutamente no. Da sola non potevo fare niente. Per poter uscire dovevo essere accompagnata da una cognata. E comunque, solo per un breve periodo di tempo».
    Nel 1992 è nata l’altra bimba, Marta. Le cose sono migliorate?
    «Sono peggiorate. Io dovevo stare in una stanza diversa da quella dove si trovavano i parenti del mio ex marito. Potevo uscire soltanto per servire il tè».
    Una vita da reclusa.
    «Dopo è stato ancora peggio. Quando la bimba più grande ha cominciato ad andare a scuola, frequentava un istituto britannico, lui pretendeva che Erica imparasse a memoria dei versetti coranici. E quando la piccola non riusciva lui la picchiava. Queste operazioni duravano anche fino a mezzanotte. Altrimenti si ricominciava la mattina dopo all’alba».
    Lei è di religione musulmana?
    «No, ma ho dovuto convertirmi all’Islam perché una mia cognata mi disse che se fossi rimasta cristiana non avrei mai avuto affidate le mie figlie in caso di divorzio e tutti i miei diritti sarebbero stati praticamente nulli».
    Un atto d’amore verso le sue figlie, più che una conversione.
    «Sì. E poi, studiando l’Islam e il Corano, vedevo che non faceva per me».
    Le sue figlie, conducevano una vita normale?
    «No. La bimba più grande, ad esempio, non poteva uscire, non poteva giocare con gli altri ragazzini della scuola, non poteva andare a colazione a casa loro se erano di altre religioni o a pranzo, perché avrebbe potuto mangiare del prosciutto. Praticamente eravamo recluse».
    Minacce?
    «Soprattutto psicologiche. Una volta mi chiese di indossare il velo, un altro giorno disse che avrebbe sposato un’altra. Oppure, minacciava di mandarmi via senza le bambine. Poi si passava alle violenze fisiche».
    Violenze fisiche?
    «Il marito per l’Islam può comportarsi come crede. Andare a denunciare i fatti alla polizia non serviva a nulla. Era sufficiente che lui dichiarasse che lo avevo disubbidito. Il Corano riconosce ai mariti il diritto di picchiare le mogli in casi di disubbidienza».
    Ma non ha mai avuto voglia di fuggire?
    «Ero troppo giovane e sola. Il mio ex marito non mi faceva neanche telefonare, erano sempre i miei parenti a chiamarmi. Al telefono non potevo neanche avvicinarmi, dovevo stare sempre in casa, e se uscivo dovevo essere accompagnata. A chi avrei potuto chiedere aiuto?».
    E le altre donne della famiglia?
    «Le mie cognate erano tutte sottomesse. Non potevano prendere nessuna iniziativa, dovevano sempre chiedere il permesso al marito. Anche per andare a trovare la madre. Addirittura, non potevano ricevere posta. Solo il marito aveva diritto ad aprire le buste».
    Secondo lei, le donne islamiche si rendono conto di questa «sottomissione»?
    «Cosa possono fare? Quelle regole di vita le prevede la loro religione».
    Ma anche loro vedranno le tv satellitari. C’è internet. Possibile che non si rendano conto delle differenze tra la loro condizione di vita e quella delle donne occidentali?
    «Sa cosa pensano le donne islamiche delle occidentali?»
    No.
    «Che sono delle poco di buono».
    Un bel giorno, lei e le sue figlie siete fuggite nell’Ambasciata italiana, come racconta nel suo libro. È ricominciata la vita?
    «Siamo rinate».
     
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  2. follementesofia
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    una storia molto simile a quella del film Mai senza mia figlia
    che dire...ho sentito tantissime storie su questa falsa riga...e tante altre mi aspetto di sentire in futuro...ma noi abbiamo una grande fortuna: in questo forum ci sono donne già sposate con uomini musulmani. queste donne ci raccontano le loro esperienze. si confrontano...e lo fanno con una sincerità senza eguali...ci raccontano le loro vite. e per me...la vita di una persona è molto più di un libro...di un film...di un articolo di giornale.

    ovvio...spero sempre chei vostri racconti non si avvicinino mai a questi livelli...neanche lontanamente...

    un abbraccio a tutte.
     
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  3. vignolet
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    Ho letto il libro della scrittrice Atzori e nel libro stesso, asserisce cose diversissime rispetto a questa intervista! Per esempio parlava di aver conosciuto il marito tramite un annuncio sul giornale e di aver cominciato a corrispondere con lui e di essere partita per il Cairo per sposarlo senza nemmeno conoscerlo. Queso perché era una ragazza molto sola in Italia e voleva cambiare vita.
    E poi nel libro c'era scritto che si era convertita all'islam per amore di questa religione e di aver fatto questa scelta dopo aver studiato in profondo questa religione.
    Ovviamente il filo della storia era pieno di violenza fisica e psicologica nei suoi confronti e quello delle figlie a causa del marito-padre-padrone.
    Ma la cosa più clamorosa, nel libro, è che alla fine l'autrice ammette che si può essere donne felici ed emancipate anche in Kuwait o in Egitto o comunque nei Paesi islamici, ma a lei, purtroppo, non è capitata questa sorte.
     
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  4. GAMILA27
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    La sig.ra Atzori mi sembra un po malata di protagonismo.......con tutto che ho sposato un ortodosso copto, vi posso dire che in Egitto le donne hanno molte liberta, non mi e mai capitato di sentire di donne che sono picchiate x futili motivi , anzi ho assistito tre anni fa a lazogli ad una scena tutta diversa ovvero, quella di una moglie che portava il marito davanti al notaio che celebra matrimoni e divorzi perche` voleva il divorzio, in quanto il marito non aveva voglia di lavorare e vero che il notaio cercava di mettere pace ma, dava ragione alla moglie che, reguardiva il marito e la cosa piu` strana che anche la madre di lui dava ragione alla nuora...Penso che molte persone e mi pare la scrittrice sopra nominata abbia dato due versioni della storia sia nel libro che in varie intervistee sinceramente non mi sento di crederla un testimone attendibile, E` vero ci sono casi di alcuni che, magari non riuscendo ad integrarsi in Europa magari hanno un ritorno all` Islam estremistico , ma allora mi domando `PERCHE` NON SE NE TORNA AL SUO PAESE ? PRECHE MOLTI DI LORO SONO DEGLI IPOCRITI CHE PARLANO DEL CORANO E DI CIO CHE IMPONE, MA LORO NON LO RISPETTANO, e se le donne occidentali che li sposano non hanno il coraggio di reagire sono convinta che lo facciano per scelta. Perche la Signora Atzori, prima si sposaa uno che conosce su un giornale, anche io avevo letto questa storia, e poi non poteva chiedere aiuto alla propria ambasciata prima? Ho letto un libro di una psicolaga americana ~le donne che amano troppo~ EMBLEMATICO................PENSO CHE OGNI DONNA DOVREBBE LEGGERLO PER CAPIRE E REAGIRE. Io ho delle amiche sposate con mussulmani tra cui una in particolare felicemente sposata da piu` di treannied una da piu` di 25 anni con due figli che addirittura hanno scelto di essere cristiani solo uno e` mussulmano, dialogo e scelta, sono le cose importanti e non permettere a nessuno di imporre nulla ma scelta.
     
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  5. follementesofia
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    CITAZIONE (GAMILA27 @ 10/4/2007, 17:50)
    vi posso dire che in Egitto le donne hanno molte liberta, non mi e mai capitato di sentire di donne che sono picchiate x futili motivi ,

    scusami gamila, ma mi auguro che con questa affermazione tu non voglia intendere che possano esistere validi motivi per cui picchiare una donna... :unsure:
     
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  6. GAMILA27
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    Assolutamente no,ma da cio che vien descritto nel libro sopra o in altri libri tende a estremizzare tutto cio che si e` vissuto, solo per fare audience o rendere sensazionale un evento. La societa egiziana a differenza dell societa saudita che si basa sul whabbismo che e` l`estremizzazione del Corano. L`EGITTO una societa laica, infatti e definita SUI LIBRI COME : ~Repubblica araba d`Egitto stato laico a maggiornaza sunnita con una minoranza cristiana al 4% copta al6 %........~
    Io sono convinta che, chi picchia le donne per qualsiasi motivo lo fa per arronganza ed ignoranza e sopratutto per egocentrismo e non per religione, per paura di se stessi, ed incapacita mentale.
    Anche in Ialia senza star a parlare di religione o di egiziani, quanti casi di donne maltrattate o storie peggiori di queste esistono.
     
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  7. follementesofia
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    tantissime storie di donne maltrattate...in italia, come nel resto del mondo...purtroppo.

    scusami gamila per la mia domanda...ma non avevo ben capito cosa volevi dire. adesso è tutto chiaro. grazie.
     
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  9. elly20
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    Stò leggendo questo libro e lo trovo interessante .....ma ne ho letti circa 50 che hanno lo stesso contenuto di violenza e sottomissione della donna ,che sia occidentale o meno .
    Non si può far finta che non sia vero xchè ogni giorno al telegiornale ,ci sono notizie simili ,dipende sempre dall'apertura mentale che ha un musulmano o meno .
     
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8 replies since 8/4/2007, 08:45   1072 views
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