ESILIO SIRIANO A CURA DI MARINA CALCULLI E SHADY HAMADI

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    “Esilio siriano” a cura di Marina Calculli e Shady Hamadi

    23 ore ago4 Tempo di lettura
    Io non so più niente di te. In che paese ti trovi? Che cosa fai oggi? Che cosa senti ora? Hai perduto anche tu come me la fede in tutti gli dei e le tradizioni delle tribù?

    In queste toccanti parole del poeta siriano Nizar Qabbani è racchiusa l’essenza del dramma che vivono quotidianamente i milioni di rifugiati, vittime di guerre fratricide e lotte intestine nei paesi di provenienza.

    E il dramma degli esuli siriani viene raccontato nel volume “Esilio siriano”, curato da Marina Calculli e Shady Hamadi, pubblicato a novembre 2016 da Guerini e Associati.

    Il libro è un lavoro complesso, con contributi di diversi autori che hanno cercato di disegnare la crisi dei profughi siriani, partendo dall’analisi semantica del termine “esilio” che storicamente ha sempre rappresentato una pena formale mediante l’allontanamento forzato dal proprio luogo di origine, alla differenziazione dei termini “migrante” e “rifugiato”, con la diversa connotazione politica e giuridica, riconosciuta dalla Convenzione di Ginevra del 1951 al secondo e negata al primo. Per arrivare all’attuale e sempre più frequente associazione fra i termini migrante/rifugiato e terrorista.

    Ma esiste davvero una crisi dei migranti o è frutto di una costruzione politica? Gli autori si interrogano su questo tema, evidenziando come le attuali risposte al problema dei migranti, esempio Frontex o l’accordo fra Europa e Turchia, non solo non risolvono o riducono il problema, ma operano in evidente violazione del principio di non respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra.

    Focalizzando l’attenzione sulla situazione dei rifugiati siriani, il volume mette in evidenza come lo spostamento di milioni di siriani sia non solo diretta conseguenza della guerra in atto dal 2011, ma una vera e propria “arma migratoria” messa in atto dal regime di Bashar al-Assad che gli ha permesso di ridefinire le aree di influenza all’interno della Siria e di ridare dimensione internazionale alla diplomazia siriana. Gli autori sostengono infatti che il regime ha di fatto deciso di “sciogliere il popolo”, costringendo alla resa le popolazioni delle zone ribelli, costringendole alla fuga, svuotando di fatto le aree sotto assedio e ridefinendone la composizione demografica. Ma questa arma è servita altresì per mettere sotto assedio l’Occidente (Europa in particolare) con la minaccia del terrorismo, incolpando di fatto quell’opposizione occidentale anti-Assad di aver incrementato l’ondata di terrorismo e migrazione con cui ora l’Europa si trova a dover fare i conti. Quindi i profughi diventano merce di scambio, arma di ritorsione e negoziazione nei confronti dell’Europa e dell’Occidente.

    L’analisi prosegue con il rapporto fra rifugiati siriani e Libano, paese che storicamente per continuità geografica e culturale ha sempre rappresentato approdo per i siriani che vi si recavano per lavoro o per vacanze. Ma l’incremento dei flussi migratori dalla Siria a causa della guerra ha profondamente modificato questo storico rapporto, trasformando il Libano da paese rifugio a paese di transito verso l’Europa, una delle numerose tappe che i migranti sono costretti a fare nel disperato tentativo di raggiungere paesi come la Germania o la Svezia. Proprio quell’Europa che si è ritrovata ad affrontare la tragedia dei rifugiati siriani e di altri paesi nel momento storico più negativo, con una crisi economica profonda e dagli esiti incerti e indefiniti. Fenomeno cha ha finito per generare il rifiuto dei popoli europei, fomentati da derive populiste che cavalcano il tema delle migrazioni per portare acqua al proprio mulino elettorale.

    In estrema sintesi “Esilio siriano” è un volume che invita alla riflessione su un tema di fondamentale importanza per la civile convivenza di noi occidentali che siamo chiamati a confrontarci con i migranti che arrivano a bussare alle nostre porte. Un libro in cui i diversi autori hanno messo a fattor comune le rispettive competenze disegnando un affresco complesso e approfondito di un tema che è destinato ancora per molto ad essere centrale nel dibattito internazionale.

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    beppi chiuppani medio occidenteUn incontro casuale, un incrocio di sguardi, una passione che nasce e cresce fino a diventare motivo di scelte di vita, di cambiamenti profondi e rotture rispetto al passato.

    Sono gli elementi con i quali prende avvio la storia narrata da Beppi Chiuppani nella sua prima opera “Medio Occidente”, pubblicato dalla casa editrice Il Sirente.

    Agata, giovane studentessa universitaria padovana, appartenente alla ricca borghesia industriale del Veneto locomotiva d’Italia, coltiva, quasi di nascosto dal padre, una passione per la letteratura araba e prima di immergersi totalmente negli studi per la tesi finale all’università, si regala un viaggio in Siria insieme alla sua amica Francesca.

    L’arrivo a Damasco conquista Agata che “non era ancora atterrata e già temeva che quella vacanza in Oriente le portasse precisamente ciò che aveva desiderato: una rottura, un nuovo avvio”.

    Agata muove i suoi primi passi nella Damasco antica, attraversando la monumentale entrata del suq al-Hamidiyyeh, inoltrandosi nelle sue labirintiche stradine, dove luci ed ombre creano un’atmosfera sospesa nel tempo e nello spazio, fra i mille colori delle merci esposte, le voci dei venditori che si accavallano le une sulle altre, i passi veloci dei cittadini e quelli lenti dei turisti che si perdono nel caotico bazar.

    E poi la visita della Tomba del Saladino, la moschea omayyade e poi le eleganti strade di Abu Roumaneh, uno dei quartieri più esclusivi di Damasco. Ma è l’incontro con Faruq, giovane e umile tassista, a sconvolgere il viaggio – e la vita – di Agata. E anche di Faruq.

    Il giovane siriano accompagnerà le due giovani donne a visitare il mausoleo del poeta di cui Agata è innamorata, Ibn ‘Arabi, in un quartiere popolare, lontano dai circuiti turistici tradizionali. Nel piccolo taxi si incrociano i loro sguardi e le loro parole si intrecciano in interessi comuni. Nasce quella passione che all’inizio entrambi non vogliono riconoscere ma alla quale saranno presto costretti a cedere. Nei giorni che seguono Faruq diventa il loro autista personale, ma la loro relazione va avanti, si vedono a cena in uno dei ristoranti più caratteristici di Damasco e lì gettano le basi per la loro futura relazione. Dopo circa due mesi Faruq è su un aereo diretto a Venezia, con un visto, un permesso di soggiorno e un contratto di lavoro in Italia. Praticamente quello che aveva sempre desiderato: arrivare in Europa, vivere e respirare la democrazia, la civiltà umanistica di cui aveva cercato di nutrirsi attraverso i libri nei suoi anni di studi e che ora poteva finalmente toccare con mano.

    Purtroppo l’esperienza italiana di Faruq appare presto deludente: la corruzione e l’opacità delle relazioni sociali si palesano ben presto anche ai suoi occhi di semplice manovale edile (è questo il lavoro che Agata è riuscita a trovare per lui), che tocca letteralmente con mano la grettezza dell’avidità di certi imprenditori senza scrupoli che fanno soldi in un Paese dove non c’è più rispetto delle regole, non c’è più correttezza né giustizia. Allora questa Italia dove lui è arrivato pieno di aspettative non differisce poi molto dalla sua Siria, tanto denigrata per il lassismo e la decadenza morale che attanaglia la burocrazia e con essa il popolo inerme? Con questi interrogativi Faruq si trova a vivere con un disagio crescente la sua vita in Italia ma anche la sua relazione amorosa con Agata che, dal canto suo, non riesce a spogliarsi dei pregiudizi verso lo straniero che pure ha scelto come compagno e con il quale vive una storia d’amore piena solo a metà.

    La purezza di Faruq e del suo sguardo sulle macerie di una Italia depredata da decenni di malgoverno e malcostume diffusi è a tratti struggente e mette a disagio il lettore occidentale che si ritrova a dover fare i conti con il proprio Paese analizzato da uno “straniero” in maniera più obiettiva e profonda di quanto invece facciano i personaggi italiani che popolano il romanzo.

    E’ in questo che sta la particolarità di questo romanzo: l’autore è riuscito a dare a Faruq – che incarna sì lo straniero ma anche i tanti immigrati che ormai sono parte del nostro Paese – quella profondità di analisi e anche di sensibilità che forse noi italiani abbiamo perso. Faruq che quindi si ritrova in un Medio Occidente non tanto dissimile da quel Medio Oriente che lui conosce bene in quanto sua cultura natale. E nel quale si trova sempre più a disagio, sempre più fuori luogo, peraltro proprio nei giorni in cui nella sua Siria il popolo sembra cominciare a svegliarsi a quell’anelito di libertà e democrazia che ha accomunato tanti altri popoli arabi, ed al quale lo stesso Faruq non può rimanere indifferente. Il richiamo della sua terra si fa forte. L’Oriente chiama a sé il suo figlio, il quale riesce, seppur con dolore e struggimento, a tornare a casa anche a causa della profonda delusione che quell’Occidente tanto anelato gli ha invece rivelato.

    http://arabpress.eu/esilio-siriano-cura-ma...y-hamadi/77095/
     
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